venerdì 11 luglio 2014

IL BENE CHE NON VOGLIAMO



Nel tempo mi sono accorto, con le dovute difficoltà e auto-osservazioni, di quanto sia difficile, a volte, amare.
Non voglio parlare dell'amore come si fà di solito, tuttavia voglio sottolineare alcuni punti fondamentali riguardo a questo importantissimo "elemento".
Quando siamo scontenti, o sentiamo di aver subìto un'ingiustizia, quando non ci sentiamo abbastanza considerati e in altre situazioni in cui l'umore oscilla tra il nero e il grigio. In quei casi lì, tendiamo a chiuderci o a indossare una maschera che dia l'idea di quiete e serenità. Eppure, è proprio in quei momenti "bui" che dovremmo sforzarci di pensare al bene per come lo intendiamo consapevolmente, tramite la scuola della sofferenza e dell'empatia. Tramite la scuola karmica e i suoi vari processi esistenziali che sottolineano queste prove proprio per la loro importanza in senso alchemico.

 

Amare sempre e comunque è molto più difficile di quanto si pensi. Paure, incertezze, vittimismo, egocentrismo, appetito d'affetto, possono innescare meccanismi che permettono ad alcuni aspetti del nostro sè di drenare via le nostre energie e la nostra gioia... la nostra vita. Ma cosa accade realmente?
Questa domanda è molto, come dire... tosta, e pone l'accento su una questione assai importante dell'io e quindi, del lavoro animico.
Partiamo dal fatto che noi vibriamo, emettiamo differenti vibrazioni e quindi frequenze. Queste frequenze hanno un potere archetipale e possono essere indirizzate in maniere differenti.
Il potere che hanno è quello di creare realtà differenti, quelle realtà che la quantistica ha definito "dimensioni", perchè è proprio questo che facciamo quando cambiamo la nostra frequenza, cambiamo dimensione, e quindi attiriamo nel nostro mondo realtà diverse e con diversi, definiamoli, "scopi".
Pensate al fatto che non sia Dio ad essere punitivo, quanto invece lo siamo noi stessi allontanandoci dalla nostra anima che è parte di questo Dio, del suo amore ultradimensionale.
L'assenza che si oppone alla presenza, il buio che si contrappone alla luce. Quando smettiamo di amare, pensando di avere un buon motivo per chiuderci nello sconforto o nel nostro personale e ciclico malessere, in realtà cediamo quel frangente della nostra vita a dei parassiti interiori che identificheremo in "Ego" e che puntualmente attendono questo momento di debolezza per azzannarci e strumentalizzarci con maggiore facilità.
Quindi la nostra scorta di amore è direttamente proporzionale al tipo di frequenze che emettiamo, perchè non tutte le frequenze sono benefiche, altre possono essere aberranti e limitanti e ci svuotano. Ci si può inmbarcare in forme di scompensazione energetica anche amando nel modo scorretto. L'amore inteso qui non è quell'energia affettiva in particolare, quanto la consapevolezza che il perdono verso noi stessi e gli altri debba essere un esercizio continuo ed incessante, al fine di non cedere le nostre scorte a questi parassiti che stanno proprio lì ad aspettare un nostro indebolimento, una qualche distrazione.

Come ben sappiamo l'Ego ha mille facce e altrettanti ruoli nel nostro sè. C'è un Ego per il riserbo, un'altro fà da guardiano a certi pregiudizi, un altro ci sussurra che non meritiamo qualcosa, o che non sia il momento di gioire o di dare, un altro ci renderà altezzosi e così via.
E' molto meglio se in quei momenti ci sforziamo di amare/amarci, che fondamentalmente vuol dire esserci, quando smettiamo di amare/ci promuoviamo un abbandono che rende il nostro io come una nave che va alla deriva senza più un timoniere, ed è lì che i parassiti entrano in azione. L'uomo diviene la vittima su cui il vampiro affonda i suoi denti per succhiare quanto basta e lasciare che egli possa generare altro "sangue fresco".
Amare vuol dire essere presenti a se stessi. Amandoci e perdonando/ci apriamo un varco tra questa oscurità e il nostro io consapevole e affrontare la dovuta alchimia e rompere le catene karmiche che ci ancorano ad episodi ciclici. 
Amare vuol dire essere presenti e vigili. Vuol dire avere il coraggio di venire fuori e sentire di meritare quel bene che in fondo è la libertà stessa di guarire nel proprio sè, di quell'immenso amore e quindi di essenza, un'essenza pura e votata alla pace e alla giustizia. Amare vuol dire anche saper riconoscere con coraggio e dedizione le mille abilità dell'ego. 

Aumentare la compassione, l'empatia, non può che aprirci al mondo e a noi stessi. Ma sopratutto a Dio, perchè cambieremo le nostre frequenze, attirando energie e status diversi e questo beneficio, è anche ciò che potrebbe guarire l'uomo e il mondo, ma sopratutto, la sua anima.

 

G. Sortino


Nessun commento:

Posta un commento